Il ciclismo è uno sport molto conosciuto e apprezzato per la sua peculiarità di poter attraversare luoghi e paesi stando a contatto con l’ambiente circostante muovendosi con un mezzo meccanico, la bici. La disciplina è caratterizzata dal punto di vista metabolico da componenti diverse, non c’è un’assoluta e univoca componente metabolica, poiché necessita di adattamenti sia aerobici, che anaerobici (1). Il ciclista che si trovi su strada, su MTB o BMX, per la tipicità delle richieste di attività fisica che ne derivano, di adattamenti neuromuscolari e di abilità di moto (dato che molti ciclisti trascorrono gran parte del loro tempo a percorrere miglia di chilometri) dovrebbe praticare esercizi di carattere funzionale, attività-correlati, che aiutino a costruire fibre muscolari, utili all’esercizio in questione.
- Il modello prestativo
Per rendere più esemplificativo il discorso basti pensare che ogni disciplina e sport andrebbe allenata partendo dalla visione e dalla rappresentazione dei fattori generali e specifici della disciplina stessa, i cosiddetti “performance indicators” (2) per orientare al meglio tutto ciò che ne consegue.
La costruzione di un modello prestativo serve a (3):
- Inquadrare al meglio la disciplina sportiva;
- Orientare in maniera funzionale la scelta dei contenuti, dei mezzi e dei metodi di allenamento;
- Programmare l’allenamento;
- Programmare la gara in caso di sportivi;
- Conoscere le catene di movimento prevalentemente utilizzate;
- Conoscere i gesti che espongono a rischio d’infortunio o sovraccarico;
- Costruire gli esercizi in maniera funzionale al raggiungimento degli obiettivi;
- Valutare i risultati dell’allenamento.
- La postura
L’orientamento nelle diverse fasi assume un aspetto determinante per la riuscita dei vari passaggi e per la personalizzazione del programma, della strutturazione degli allenamenti e delle sedute, dato che il soggetto ha degli aspetti che lo riconducono ad ambiti generali dell’allenamento, ma possiede qualità psico-fisiche, attitudini mentali e caratteristiche posturali proprie.
Come detto la peculiarità dell’attività in questione è rappresentata dalla guida di un mezzo, che è la bici. Per questo un corretto assetto offre sicuramente una condizione positiva alla prestazione esecutiva, al comfort e alla prevenzione di infortuni. Degli aspetti specifici e tipici della posizione in bici, della quale ho trattato, in alcuni aspetti specifici in due articoli già pubblicati sul mio sito, tratterò un articolo specifico inerente la biomeccanica. Sicuramente un punto strategico in tutto questo lo assume l’analisi del movimento, con l’aiuto della tecnologia, e in particolare con la video analisi, diretta a migliorare i parametri attraverso una visione globale del soggetto sulla bici e delle posizioni che assume durante la pedalata (4). La bilancia in figura 1 ben esemplifica con i due piatti, che devono essere in equilibrio, i fattori che partecipano alla gestione delle due sfere opposte del comfort e della prestazione (5).
Figura 1: Schema riassuntivo dei fattori che l’operatore deve tenere in considerazione per la gestione del comfort e della prestazione in bicicletta.
Per andare in bicicletta in modo costante, senza creare compensi e partendo da una base condizionale scarsa, occorrerebbe un corpo già in uno stato di equilibrio posturale eccezionale. Perchè? Perchè oltre a pedalare con gli arti inferiori, si pedala anche con la schiena. Infatti il corpo in bici non lavora mono-compartimentalmente, per cui prima di valutare la pedalata, assume rilevanza valutare gli allineamenti posturali globali, poiché osservare il soggetto solo sulla bici non è un approccio metodologico scientificamente fondato (6). Le linee umane in posizione ortottica definiscono il modello sul quale molti metodologi posturali hanno fondato regole, paradigmi e leggi della postura ed è il modello da seguire prima di approcciare qualsiasi tipo d’intervento sia in campo sportivo, che in quello fitness, perché al centro, ed è bene ricordarlo, c’è il movimento soggettivo della persona.
Assimetrie e disfunzioni cervicali, curve troppo lordotiche o cifotiche, bacino anteverso o retorverso e posizionamento delle linee degli arti inferiori sono da valutare perché potrebbero aumentare la loro gravità nella successiva messa in sella. In effetti questo balza agli occhi già ad una persona non esperta di ciclismo, nell’osservare la posizione tipica della maggioranza dei ciclisti visti di profilo, in cui la colonna dorso-lombare è cifotizzata e il ventre invece è tendenzialmente rilassato. Il capo invece è mantenuto in estensione e antepulsione per garantire l’orizzontalità dello sguardo (bisogna pure che sollevi la testa per vedere dove va). Nel corso dell’attività ciclistica il rachide viene sollecitato da forze in flessione di intensità e durata superiore al normale che porta talvolta a lombalgie acute e croniche (7), aumentate dal fatto che si spingono spesso rapporti molto lunghi e faticosi, che automaticamente richiedono una maggiore forza esercitata dalle braccia sul manubrio.
Figura 2: allineamenti posturali secondo Kendall e altri, 2002.
Questa forza supplementare è fornita principalmente dal Gran Dorsale che per la contrazione prevalentemente concentrica oltre ad aumentare le tensioni posteriori fissa in modo permanente gli arti superiori in intra-rotazione. A lungo andare questa postura in flessione viene memorizzata dal corpo e l’atteggiamento cifotico si fa progressivamente più evidente anche in ortostatismo, se non viene eseguita una idonea ginnastica posturale o esercizio adattato (8).
Uno squilibrio cranio-sacrale potrebbe portare a vari problemi:
- Aumenta il rischio di ernia posteriore e/o postero-laterale sia a livello lombare a causa del piatto lombare, che a livello cervicale;
- La cifosi dorsale può provocare una compressione stabile dello stomaco che può generare disturbi digestivi, molto frequenti nei corridori professionisti;
- L’over-reaching funzionale e l’overtraining portano spesso a tendinopatie inserzionali a carico di varie regioni anatomiche: tendinite rotulea, achillea, a carico dell’inserzione distale del bicipite femorale, dell’inserzione prossimale del tibiale anteriore, della banderella ileotibiale, fino a quadri degenerativi più gravi come la condropatia rotulea, artosi d’anca e di ginocchio.
- Contratture e dolori ai polsi e alle mani per la posizione protratta sul manubrio.
Del resto, quasi senza eccezioni, gli sportivi deformano il loro corpo, poiché ne hanno una conoscenza solo parziale (8), ma d’altra parte spesso la regola del gioco consiste nello sforzo e nel superamento di sè, che sia per battere il rivale o per migliorare il proprio record; per uno sportivo “sforzarsi” vuol dire molto spesso lasciare spazio a possibili infortuni. Per questo gioca un ruolo fondamentale affrontare il modello prestativo, affidandosi ad un professionista del movimento e del settore specifico.
- Intensità e ciclismo
Per capire anche qui il perché andrebbero affrontati allenamenti diversificati con esercizi funzionali, osserviamo la prestazione fisiologica del ciclista, partendo da parametri noti. I ciclisti d’élite hanno un alto VO2max, superiore a 70 – 80 ml/kg/min e una soglia del Massimo Lattato Stazionario a circa il 90% del VO2max. Nella MTB il picco di potenza (WPPO) maggiore di 5,5 W/kg è considerato un elemento predittore della performance. Le tecniche respiratorie (9) sono sempre più applicate (campo questo purtroppo ancora poco considerato in realtà in molte discipline e sport), soprattutto per ottenere marginal gains maggiori (termine coniato per la prima volta nel 1886 da Wilhelm Steinitz; questo approccio è un sistema metodico di identificazione delle aree in cui piccoli miglioramenti potrebbero essere raggiunti e quindi combinati per ottenere un vantaggio). Con ciò basti considerare che il costo energetico è quantificato nel 15% del VO2max e durante il gesto intenso i muscoli respiratori non allenati vanno incontro a maggior sofferenza con conseguente ridotto flusso alla muscolatura. Essere poi in grado di esprimere Watt (Wpeak) rappresenta l’espressione di efficenza neuromuscolare della potenza durante esercizio. Negli anni ci sono evidenze che hanno attestato l’esistenza di adattamenti neurali e strutturali dopo allenamenti di forza della muscolatura coinvolta nello sport specifico e hanno evidenziato come due sessioni di allenamento a settimana, concepite come un programma giornaliero periodizzato, bastino per ottenere un aumento sufficiente della forza in un periodo di 12 settimane. È consigliabile prima imparare la tecnica di sollevamento con carichi leggeri e successivamente sviluppare un allenamento che preveda tra 4 RM e 10 RM e 2-3 serie con circa 2-3 minuti di riposo tra le serie (10). Come primo fattore bisogna imparare la tecnica di sollevamento adeguata, per passare al vero allenamento; inoltre è importante accostare all’allenamento di forza un allenamento di resistenza durante le prime 2-3 settimane, che sia leggero. L’allenamento di forza andrebbe condotto in fase iniziale alla preparazione, mentre durante la stagione agonistica o nei periodi di allenamento di resistenza vera, lo sviluppo della forza non ha la priorità, ma va mantenuta una sessione di allenamento di forza a settimana (volume basso) ad alta intensità, che serve a mantenere i precedenti adattamenti di allenamento della forza (11, 12). Per prestazioni ciclistiche è preferibile un allenamento di forza con sovraccarichi con la massima velocità durante la fase concentrica e qui trova spazio la spiegazione dello sviluppo neurmosucolare, cioè attraverso l’attivazione posticipata di fibre di tipo II, la conversione delle fibre di tipo IIX a contrazione rapida, in tipo IIA più resistenti alla fatica e miglioramento conseguente della stiffness muscolo-tendinea (13).
Tabella 1: effetti dell’allenamento della forza massimale ed esplosiva sulle prestazioni di resistenza (da Rønnestad B.R., Mujika I., Optimizing strength training for running and cycling endurance performance: A review Scand. J. Med. Sci. Sports 2013, p.6)
Il concetto di velocità e intensità esecutiva trova supporto in evidenza scientifica dell’allenamento HIIT, infatti numerosi studi hanno confrontato l’allenamento a intervalli ad alta intensità con altri tipi di allenamento nell’apporto di adattamenti di forza negli sport di endurance e nel ciclismo. Ronnestad e altri (14), hanno dimostrato come allenamenti intervallati ad ad alta intensità brevi rispetto al protocollo ad intervalli lunghi creino adattamenti superiori. Seiler e altri (15), hanno dimostrato nello specifico come questo accada in misura maggiore con un allenamento HIIT di 30’ di lavoro al 90% di FC max. Dunque c’è la dimostrazione che attraverso lavori intensi si possano migliorare gli aspetti glicolitici e ossidativi. Inoltre si è visto come nella MTB il ciclista con una storia di allenamento ad alto volume ad alta intensità può indurre adattamenti positivi delle prestazioni che riducono pure il danno muscolare e consentono una maggiore produttività e recupero (16).
Beattie e altri (17), affermano che adattamenti forza-velocità muscolari in sport di endurance dipendono dalla durata del programma di forza, dal livello di forza del soggetto e dagli esercizi somministrati. Per miglioramenti a lungo termine in atleti di resistenza deboli o non allenati, dimostrano che un programma generale orientato alla forza massima può inizialmente essere il metodo più appropriato ed efficiente per migliorare la forza, la potenza e la reattività massime alla capacità di resistenza. Gli atleti di resistenza con capacità ad alta forza potrebbero aver bisogno di porre maggiormente l’accento sull’allenamento specifico per la forza esplosiva e reattiva per ottenere ulteriori miglioramenti nelle prestazioni. Tuttavia gli stessi autori suggeriscono che sono necessarie ulteriori ricerche che dovrebbero includere valutazioni valide della forza (ad esempio squat, jump squat, drop jumps), attraverso una gamma di velocità (forza massima, forza-velocità, velocità-forza, forza reattiva) e gestire una programmazione appropriata (esercizio, carico e velocità) per un periodo di intervento a lungo termine (6 mesi) per un trasferimento ottimale alle prestazioni.
– Osservazione del gesto tecnico e aspetti muscolari
Il ciclismo su strada e fuoristrada richiede capacità di salita delle pendenze, di discesa delle stesse e di percorrenza in pianura. Le uscite in montagna richiedono una scalata della durata variabile tra 30 o 60 o più minuti. Durante la salita il ciclista deve affrontare e deve superare la forza di gravità e la resistenza indotta dalla gravità della massa corporea. In risposta alla maggiore resistenza, i ciclisti passano spesso dalla posizione seduta convenzionale alla posizione in piedi, per più volte, ma questo quanto è dispendioso? Millet e altri (18), hanno dimostrato che le caratteristiche tecniche della posizione in piedi, rispetto alla posizione seduta possono influenzare le risposte metaboliche e hanno scoperto varie questioni. Dal punto di vista della efficienza della potenza di pedalata ed economia del gesto i risultati erano simili in ciclisti allenati alla intensità submassimale, mentre frequenza cardiaca (FC) e ventilatoria (VE) sono risultate più alte nella posizione in piedi, rispetto a quella seduta. Inoltre durante uno sprint massimo di 30 secondi, la potenza erogata è risultata maggiore del 25 – 30% nella posizione in piedi, rispetto a quando il ciclista era seduto. La cadenza della pedalata era di circa 60 rpm, sia in posizione seduta che in piedi durante la salita, rispetto alle 90 rpm circa che esprime un ciclista di livello. Questo studio era limitato ad una singola pendenza e a una breve durata, pertanto resta da studiare la combinazione di velocità, pendenza e durata che favorirebbe la salita in posizione seduta o in piedi.
Il ciclista inoltre può generare un’elevata velocità in salita di circa 20 km/h, usando rapporti agili (39 × 23-27) e cadenze elevate (≥ 90 rpm) ma la maggior parte dei ciclisti sceglie di alzarsi dalla sella e spingere rapporti più duri (39 × 17-21) a cadenze relativamente basse, mentre altri ancora rimangono in sella e spingono rapporti comunque duri. Si è notata una differenza significativa nella cadenza e nell’uso dei rapporti tra ciclista amatoriale e professionista, che pedala molto più stabile e composto (19). Se osserviamo “lo stare in piedi sui pedali” va a modificare il range di movimento dell’articolazione dell’anca e il centro di massa corporea durante la pedalata (20, 21) e ciò produce una generazione di forza e dunque una attivazione muscolare diversa e anche una combinazione d’uso dei muscoli stessi, rispetto allo “stare seduti”, oltre a cambiamenti nella direzione della forza applicata al pedale.
Durante la salita l’attività del grande gluteo, la cui funzione è l’estensione dell’anca, è maggiore rispetto a quando il ciclista si trova seduto in sella, mentre il vasto laterale è attivo più a lungo nella fase di spinta, di potenza dunque, quando ci si sposta da seduto a in piedi, durante una salita (22) e aiuta a migliorare la stabilità pelvica (23). Con un passaggio dalla posizione seduta a quella in piedi si verifica una netta alterazione dell’angolo pelvico seguita da un aumento dell’attività muscolare del grande gluteo. La posizione più avanzata dell’articolazione dell’anca rispetto al perno delle pedivelle, riduce la distanza parallela tra l’articolazione dell’anca e il punto di applicazione della forza sul pedale e dunque questa posizione riduce il braccio del momento della forza verticale del pedale in relazione all’asse dell’articolazione dell’anca (23). Caldwell e altri (20) hanno osservato che questa forza verticale è la componente principale della forza di reazione del pedale, mentre si sta in piedi. Il retto femorale diventa attivo per una durata più lunga in piedi a differenza della posizione seduta, così come il vasto laterale, mentre il soleo aumenta la flessione plantare della caviglia. È anche interessante notare che tre muscoli, il bicipite femorale, il gastrocnemio e il tibiale anteriore sembrano avere simili attività sia in sella che in piedi (24, 25).
È stato dimostrato che lo schema di attivazione dei muscoli mono e bi-articolari ha diversi modi di agire, rispetto alle condizioni di pedalata seduti e in piedi in salita e si ritiene che ciò sia attribuibile al fatto che i muscoli mono-articolari contribuiscono al lavoro positivo, mentre i muscoli bi-articolari controllano la direzione della forza applicata al pedale (23, 26).
Figura 3: visione schematica d’insieme dei gruppi muscolari attivi durante la pedalata.
Il passaggio da una posizione seduta a una posizione in piedi sui pedali durante il l’attività ciclistica modifica l’entità e l’azione di diversi gruppi muscolari, la cui funzione è quella di fornire la massima forza ai pedali. In piedi l’attività del grande gluteo è maggiore, l’attivazione del vasto laterale è precedente e la sua durata è più lunga e allo stesso modo il retto femorale aumenta la durata di tale attività, il soleo aumenta la flessione plantare della caviglia e un’attività simile si osserva per il bicipite femorale, per il gastrocnemio e il tibiale anteriore per la posizione seduta e in piedi. Tuttavia nei ciclisti ben allenati e nei limiti delle attuali indagini, l’economia e l’efficienza della pedalata in salita da seduto non sono diverse rispetto alla salita affrontata in piedi sui pedali e sono dunque necessarie ulteriori ricerche per ampliare la nostra conoscenza di quelle variabili che influenzano le prestazioni in bicicletta in salita (27).
- L’allenamento funzionale globale
Il processo allenante deve avere come focus le necessità e gli obiettivi del settore di riferimento (28) e individuare gli obiettivi da raggiungere, significa anche conoscere contenuti, mezzi e i metodi per raggiungerli. Il ciclismo è una disciplina che vede il soggetto ciclista impegnato in un esercizio prettamente ciclico, ma non solo, prettamente di resistenza, ma non solo, prettamente legato agli arti inferiori, ma non solo. Anche, e forse, soprattutto, nel “non solo” risiede ciò che va conosciuto e sviluppato con ordine e coerenza e che porta al completamento di un percorso allenante, che riconosce e persegue tutti gli aspetti del modello prestativo di riferimento, anche i cosiddetti “marginal gains”.
Si può dire che siamo difronte ad una disciplina da inquadrare secondo un approccio globale, alla quale applicare sicuramente delle metodiche che prevedano l’individualizzazione della progettazione, ma che tengano presente le peculiarità prossime a tutte le condizioni del movimento e alle sfere nel quale si suddivide, ovvero prestativo posturale, biomeccanico e condizionale. Siamo nel cosiddetto ambito di lavoro complesso (29) per un esercizio a carattere funzionale che prevede un lavoro in catena chiusa ed esecuzione complessa e variabile.
Considerato quello che ho esposto nell’articolo sono voluto partire dalla chiave di volta della catena cinetica, che ne preserva, ne garantisce e ne ottimizza la condizione, ovvero il core. È un termine piuttosto incompreso, avere un “centro o nucleo” del corpo più forte ti permetterà di trasferire più potenza attraverso gli arti inferiori, oltre a ridurre il rischio d’infortunio e migliorare la tua postura. I muscoli che si combinano e uniscono per formare il “core” del tuo essere fisico, sia che si tratti di affrontare una lunga salita, che per la propulsione reattiva nello sprint o per una piega in curva, sono importanti per l’equilibrio, la potenza, l’agilità e il controllo. E quando i muscoli del core sono deboli, si limita pure la piena capacità dei polmoni. La respirazione è il modo in cui invii sangue ossigenato a tutte le parti del tuo corpo e del tuo cervello. Ciò significa che un core forte aiuta tutti i processi mentali e fisici necessari per partecipare a qualsiasi livello s’intenda l’attività ciclistica.
Un forte gruppo di muscoli aiuta anche a prevenire lesioni e velocizza anche i tempi di recupero, il che significa che puoi ritornare prima a pedalare. Abbiamo sentito tutti parlare del “core” e della sua importanza per i ciclisti, ma come regola generale la maggior parte dei ciclisti non considera il tempo trascorso ad allenare quest’area quanto necessario e risulta importante allo stesso modo del tempo e delle ore trascorse in sella a pedalare.
– Evidenze tra core e ciclismo
Uno studio (30) ha cercato di determinare la relazione tra meccanica del ciclismo e core stability. Sono stati raccolti i dati sulla cinematica articolare dell’anca, del ginocchio e della caviglia e la forza espressa nella pedalata, su 15 ciclisti competitivi mentre pedalavano senza vincoli su un cicloergometro. Il protocollo ciclistico a carattere di esaurimento consisteva nel pedalare a 25,8 km/h, mentre la pendenza veniva aumentata dell’1% ogni 3 minuti. Prima del secondo test è stato eseguito un allenamento del core. Sono risultati aumentati, dopo il protocollo di allenamento del core, il movimento totale del ginocchio sul piano frontale (test 1: 15,1 +/- 6,0 gradi; test 2: 23,3 +/- 12,5 gradi), il movimento del ginocchio sul piano sagittale (test 1: 69,9 +/- 4,9 gradi; test 2: 79,3 +/- 10,1 gradi) e il movimento della caviglia sul piano sagittale (test 1: 29,0 +/- 8,5 gradi; test 2: 43,0 +/- 22,9 gradi). Non sono state dimostrate differenze significative per la forza di pedalata. L’affaticamento del core ha provocato un’alterata meccanica che potrebbe aumentare il rischio di lesioni poiché l’articolazione del ginocchio è potenzialmente esposta a maggiori stress. La stabilità e la resistenza del core sono migliorate e ciò potrebbero favorire un maggiore allineamento degli arti inferiori durante l’attività per durate prolungate, poiché il core è più resistente alla fatica. I ricercatori sono rimasti sorpresi nel non trovare alcuna differenza nella potenza erogata nel secondo test. Ciò che hanno trovato, tuttavia, è stata una differenza nella meccanica del movimento del ginocchio e della caviglia. In altre parole, quando i muscoli del core sono affaticati, è possibile pedalare in modo diverso. Gli autori suggeriscono che ciò potrebbe avere implicazioni per la prevenzione degli infortuni piuttosto che per le prestazioni.
Un recente studio di Navalta e altri (31) ha dimostrato che l’incorporazione degli esercizi di core stability nella fase di defaticamento, dopo il lavoro muscolare, può comportare benefici sia per la clearance del lattato, sia per un maggiore controllo posturale. Ulteriori risultati mostrano che un programma di allenamento neuromuscolare dinamico incentrato sulla core stability, oltre a includere equilibrio, non solo riduce i fattori di rischio biomeccanico, ma può anche fornire effetti di miglioramento delle prestazioni (32).
Attualmente ci sono prove limitate che dimostrano però che il miglioramento della stabilità del core incrementi le prestazioni. La maggior parte degli attuali studi scientifici si basa in gran parte sull’impostazione della rieducazione funzionale e si concentra su carichi lenti, movimenti lenti, piuttosto che su attività sportive, che usano movimenti dinamici e carichi di rilievo. La mancanza di effetti specifici sulle prestazioni, osservati in altri studi, potrebbe derivare dal fatto che i programmi di allenamento di base non sono abbastanza funzionali da tradursi in miglioramenti delle prestazioni sportive (33), anche se molti ciclisti nel programma base di allenamento hanno introdotto nella routine settimanale fasi di core stability training, soprattutto come stimolo al recupero per le tappe lunghe quando hanno pedalato molto.
In una tesi di un master universitario che ha studiato degli studenti universitari ciclisti (34) è stata trovata una correlazione tra affaticamento dei muscoli addominali e prestazioni in un test di Wingate (test d’esercizio anaerobico, il più delle volte eseguito su un cicloergometro che misura la potenza anaerobica di picco e la capacità anaerobica) in cui l’affaticamento addominale non ha influito sulle prestazioni in una cronometro di 3,2 km.
È stata dimostrata una relazione tra il miglioramento delle prestazioni della prova a cronometro di 1,5 km e l’allenamento di core stability in ciclisti allenati, anche se non è stato utilizzato alcun gruppo di controllo per il confronto (35). Esiste il potenziale anche, come detto, che l’allenamento di base possa migliorare la forza dei muscoli respiratori, come è stato dimostrato con questo gruppo di giocatori di pallavolo (36).
Avendo già descritto il contributo della muscolatura degli arti inferiori nella pedalata, osserviamo quali muscoli del core, sono più attivi, sempre basandoci sulle evidenze disponibili. Juker e altri (37) hanno esaminato il contributo relativo dei diversi muscoli del tronco in varie posizioni durante la pedalata, usando l’elettromiografia (EMG). Le posizioni in cui è stata valutata la pedalata sono state quella in piedi sui pedali, quella normale e con mani basse sul manubrio. I soggetti non erano ciclisti, ma erano tutti classificati come soggetti sportivi e atletici. Tre muscoli in particolare sembravano essere più attivi di altri, soprattutto durante gli sprint, ovvero ileopsoas, attivo al 49% della sua massima capacità volontaria (MVC), i muscoli erettori della colonna (32% MVC) e gli obliqui esterni (28% MVC).
Alcuni ricercatori nel 1995 (38) hanno esaminato il movimento della colonna lombare durante il ciclismo e l’attività dei muscoli della colonna lombare e del retto dell’addome, muscolatura cosiddetta “six pack”, in tre ciclisti d’élite che si sono piazzati secondo, quarto e settimo nel Tour de France di quell’anno (1995). Hanno notato un movimento di flessione laterale nella colonna lombare durante l’attività e hanno scoperto che il retto addominale era in gran parte rilassato. Ciò concorda con lo studio precedente che aveva riscontrato che l’attività del retto era circa il 10% della MVC in tutte le posizioni e intensità dell’attività stessa. Al contrario i muscoli della colonna lombare hanno mostrato livelli più alti di attività, che sono aumentati proporzionalmente con l’intensità della pedalata.
In una visione più ampia va comunque considerato che il core rappresenta un punto di snodo importante tra i movimenti della parte superiore e inferiore del corpo (39) ed è il fulcro alla base delle catene cineteche principali; inoltre è un concetto che si unisce al concetto più profondo delle catene miofasciali (40) che andrebbero studiate maggiormente e prese in considerazione nel trattamento globale di un allenamento anche per ciclisti.
– Come trasferire l’allenamento globale nella pratica
In una prima fase gli esercizi trattati vanno svolti a corpo libero e includono suggerimenti per renderli più impegnativi, se necessario. Cercare di stimolare l’affaticamento dei muscoli target entro 10 ripetizioni, usando una velocità di ripetizione lenta e controllata. Una serie dovrebbe essere sufficiente per cominciare e man mano possono esserne aggiunte altre. Esegui gli esercizi due volte a settimana per ottenere i migliori risultati. Willardson (41) raccomanda esercitazioni con una palla svizzera, tra le quali in isometria, con piccoli carichi e lunghi tempi di tensione per aumentare la resistenza del core. Non esiste un solo esercizio che attiva e stimola tutta la muscolatura centrale; perciò è necessario una combinazione di esercizi per migliorare la stabilità del core e migliorare la forza (42). Il rinforzo del core, in particolare per gli sport di resistenza, dovrebbe concentrarsi maggiormente sull’esecuzione in condizione di ridotta stabilità, piuttosto che sull’aumento di volume ed essere il più possibile gesto sportivo-correlato, ovvero caratterizzato come dicevo prima da esercizi funzionali, valutando ad esempio come le braccia vengono usate per spingere contro il manubrio in discesa o in curva e per tirare il manubrio, quando si sale o quando ci si trova in piedi sui pedali.
Ad esempio i piegamenti sulle braccia, un esercizio tradizionale, ma efficace, soprattutto per i tricipiti in quanto, aiutano a mantenere la posizione sulla bici (43). La forza della parte superiore del corpo aiuta infatti, dato il consolidato ruolo trasmissivo del core nei movimenti in catena, ad avere una stiffness maggiore, significa meno perdite di energia e più potenza sui pedali.
- L’esercizio va eseguito in decubito prono, con le mani nella posizione più comoda, ma si possono usare anche due maniglie per ricreare l’impugnatura del manubrio, avambraccia perpendicolari al pavimento e mani a livello del petto.
- Tenere gli addominali e iniziare lentamente a scendere con tutto il corpo in linea, attraverso il piegamento delle braccia, verso il pavimento. Mentre ti avvicini al terreno, fare una pausa per un secondo e salire. All’inizio lentamente a risalire, poi aumentare la velocità di esecuzione in spinta e rallentarla nella successiva fase di discesa.
- Per aumentare il livello di stiffness si possono inserire una serie di variabili su superfici instabili come fitball e Bosu, come in figura.
Figura 4: esempio di push-up con appoggio su fitball e Bosu
Gli esercizi sulla fitball come back estension per il rinforzo della muscolatura posteriore della colonna, possono essere eseguiti mettendosi proni a terra o appoggiandosi su Bosu e resi più duri posizionando i piedi su rulli o palline o eseguendoli su un piede solo. Passando ad esercizi più complessi non bisogna mai tralasciare la caratteristica funzionale del ciclismo e considerare le variabili muscolari di riferimento.
Figura 5: back extension su fitball
Per gli arti inferiori gli esercizi sono vari e possono comprendere ad esempio lo split squat che prende in considerazione il grande gluteo, tanto più se inclini il tronco in avanti, come mostrato in figura e inoltre lavora in modo efficiente anche il quadricipite sia dell’arto posto avanti, che di quello posteriore. La modalità esecutiva inizialmente dovrebbe essere lenta e senza carichi per imparare il gesto, ma successivamente dovrà essere svolto lentamente nella discesa e molto rapidamente nella spinta, stabilizzando la posizione di ritorno in verticale, in modo rapido e controllato per enfatizzare una caratteristica stabilizzante dell’esercizio. Il tutto può essere reso più complesso eseguendolo su superfici instabili come il Bosu. Altra variante è l’esecuzione con overhead press annessa allo split squat in cui per gradi si va dall’esecuzione senza carico fino ad arrivare a varianti molto intense con carico medio. Inoltre si può optare per il mantenimento durante gli split squats del braccio disteso o leggermente flesso oppure mosso in distensione durante la fase di ritorno sulla verticale in modo e con intensità sincrone al movimento degli arti inferiori.
Figura 6: split squat
Altri esercizi sono quelli che prevedono un movimento a tirare come ad esempio pull-up e i row con l’uso di vari attrezzi, partendo dalle bande elastiche (44) con resistenza progressiva e tipologia idonea all’esercizio preposto, ponendo attenzione al controllo durante l’esecuzione. Oppure attraverso l’uso di attrezzi come il row back o lateral machine. Meglio e preferibile eseguire trazioni con l’uso di attrezzi quali TRX o similari che riescono a dare un contributo allenante alla fase stabilizzante e ovviamente alle trazioni alla sbarra. Anche in questi esercizi andrebbe man mano enfatizzata la velocità in trazione e diversificata la proposta.
Figura 7: trazioni con TRX
Nei movimenti dominanti dell’anca possiamo suddividere i muscoli posteriori della coscia e i glutei dalla zona anteriore. Anche se viene generalmente insegnato che la migliore pratica è quella di avere una pedalata rotonda e dunque privilegiare la ritmicità della pedalata (della quale tratterò in una articolo apposito), rispetto alla spinta di potenza, questa va sempre allenata a prescindere, perché insita nel gesto tecnico-motorio sportivo. I muscoli posteriori della coscia e i glutei sono spesso relativamente deboli, il che può provocare dolore al ginocchio e quindi esercitare i muscoli posteriori della coscia e glutei è davvero importante per i ciclisti. Le esecuzioni sono varie e possono prevedere l’uso di fitball dapprima per avere una maggiore superficie d’appoggio e una modalità più facile d’esercizio rispetto ad esempio agli “sliders”, in cui la tensione muscolare è sicuramente maggiore. L’esecuzione va sempre gradualizzata dal lento iniziale alla velocità all-out quando si diventa più capaci.
Figura 8: movimento di distensione e piegamento degli arti inferiori per la muscolatura posteriore, con uso di sliders
Gli hip thrust a corpo libero o con bilanciere. I primi facilmente eseguibili sempre con variabili e ponendo l’accento sulla maggior intensità, in cui si prende fiducia con l’esercizio, il secondo meglio farlo in palestra con una bilanciere, fino a quando le esigenze di carico non diventano troppo pesanti (ricordando che per il ciclista non è il carico/kg da enfatizzare, ma l’intensità per sviluppare la potenza da imprimere) per farlo in tutta comodità. La progressione comprende anche varietà ad arto singolo o doppio e con l’uso di superifici instabili.
Figura 9: hip thrust con bilanciere
Squat (front squat, back squat, single leg squat) in tutte le sue espressioni. Lo squat come esercizio lavora su tutto il tuo core e gli squat con un solo arto a risalire, eseguito con macchinari a bilanciere guidato, come il multipower, ad esempio, aiutano molto a sviluppare anche il lato eccentrico di un arto per volta. Inoltre rende meno pericoloso il fatto di avere il bilanciere sulla zona posteriore dorsale e permette d’installare sul pavimento superficie destabilizzanti quali Bosu.
Figura 10: squat al multipower
Oltre agli allenamenti di squat c’è la possibilità di utilizzare vari macchinari come leg extension, leg press calf raises, soprattutto per chi vuole massimizzare il guadagno di forza in modo sicuro e in minor tempo. Per certi versi anche in letteratura sembra essere consigliato l’uso dei macchinari (45) rispetto agli esercizi di squat e/o similari, ma l’esercizio con l’uso globale della catena cinetica messa sotto stress, ovviamente previa costruzione della modalità tecnica esecutiva corretta, produce quegli adattamenti necessari alla giusta interconnessione muscolare con il core, del quale descritto in precedenza. Oltre a ciò, lo step-up in particolar modo eseguito lentamente a scendere, aiuta a richiamare il lavoro del gluteo, dato che glutei deboli possono provocare un movimento di pedalata verso l’interno, che può causare lesioni. Questo costringe il gluteo a lavorare per mantenere il ginocchio in posizione e ben sviluppa la fase concentrica dei quadricipiti. Anche qui numerose sono le varianti e le variabili da poter attuare.
Figura 11: step-up
Tutte le serie di salto, come burpees, long jump, squat jump, counter-movement-jump (CMJ), drop jump di cui anche Beattie e altri (46) hanno riferito essere un campo di prossima indagine, poiché per il miglioramento della prestazione va posto l’accento su un allenamento specifico di forza esplosiva e reattiva.
Figura 12a: burpee Figura 12b: squat jump
Esercizi a carattere balistico con l’uso di kettlebell, includono swings, cleans, deadlifts, kettlebells press e strappi. L’allenamento di kettlebell offre la possibilità di variare i regimi d’esercizio esistenti e può beneficiare della funzionalità cardiovascolare, della stabilità del core, della forza muscolare e della potenza. Inoltre gli esercizi con kettlebell possono essere utilizzati per migliorare la funzione posteriore tendinea del ginocchio e potenzialmente ridurre il dolore al collo e alla parte bassa della schiena. Va posta attenzione alla gestione del movimento oscillatorio e all’uso corretto dell’attrezzo, dato le forze che si generano solitamente in seno alla colonna, per cui tende ad avere un approccio all’allenamento più lungo (47).
Figura 13: kettlebell swing
Per quanto concerne HIIT, va detto che se l’allenamento è svolto in maniera costante e non occasionale, comporta una serie di contrazioni e decontrazioni che a loro volta agiscono come potenti stimoli per l’adattamento fisiologico, portando l’organismo da una situazione di pronta reazione (aggiustamenti) a una nuova situazione modificata in maniera cronica (adattamenti) (48). Sicuramente la cura dei dettagli con HIIT è fondamentale, perché solo comprendendo gli effetti di tempi, recuperi, intensità e carichi delle varie sedute, come le giuste dosi di ingredienti per un bravo pasticcere, si può arrivare ad un risultato focalizzato inizialmente.
L’importante sicuramente è quantificare l’allenamento (49) ponendo l’attenzione sulle esigenze dell’atleta, e non su tabelle preconfezionate, sui carichi di lavoro dopo un attenta valutazione iniziale, durante l’attività giornaliera e ogni fine ciclo di lavoro; occorre tenere traccia in un diario giornaliero, di ciò che si fa e di ciò che si sente, si prova, si avverte, perché rappresentano parametri oggettivi di riscontro, rispetto all’attività svolta. In questo la valutazione del carico interno con scala di Borg RPE (Heart Rate Reserve) e in particolare il metodo CR10, ultimo revisionato negli anni dal 1982 al 2004 da Gunnar Borg, rappresenta un valido strumento di misura (50).
I protocolli indicati per allenamento HIIT sono molti, Migliaccio G.M. (51) ha segnalato alcune tracce di allenamento specifiche per il ciclista, che vanno poi adattate su ogni soggetto (52); ad esempio se sulla bici si dispone di un misuratore di potenza oppure si dispone di cicloergometro, è possibile svolgere allenamenti di questo tipo, come il Tabata (53). Lo scienziato ha studiato il suo protocollo proprio su cicloergometro. Allo stesso modo si potranno eseguire anche HIIT brevi o SIT che contribuiscono fortemente alla capacità di endurance (10), anche attraverso altre modalità, come da esempio in Tabella 2.
Tabella 2: esempio di Traccia HIIT (Migliaccio G., Formula HIIT 2019, SportScience Academy pp.214-215)
Leggendo la tabella può venire il dubbio che nuoto o atletica leggera non vadano bene per il ciclismo, ma è bene sottolineare che “quello che manca è nella tua esperienza, è il terzo cerchio anche del modello Evidence Based, ed è quello che fa la differenza tra un tecnico che usa le tabelle e un professionista che ragiona sulle soluzioni” – Migliaccio G.M. (54).
Accennando ai cicloergometri, va detto che negli ultimi anni si è assistito ad uno sviluppo importante dell’attrezzatura e degli strumenti correlati all’allenamento indoor, con prodotti tecnologicamente avanzati e alla portata della persona che vuole allenarsi nel tempo libero direttamente a casa, tramite uno smart-trainer, ad esempio. Molti professionisti e amatori ne fanno uso soprattutto nei mesi freddi invernali, e anche in questo periodo d’impossibilità a svolgere l’attività all’esterno, ma in realtà questi cicloergometri hanno delle proprietà importanti in quanto misurano la potenza erogata ed è possibile eseguire test sulla potenza stessa. Se ti stai allenando per la prestazione, il termine FTP (Functional Thresold Power) lo conoscerai già. Misurato in watt/kg, FTP ha trovato nell’intuizione di Coggan A. il modo di essere calcolato tramite la misurazione della potenza media mantenuta nell’arco di 1h, correlandola al fatto, già conosciuto, che un ciclista allenato può mantenere un esercizio all’intensità della soglia di lattato (lactate threshold – LT) per un’ora circa. Ma per rendere il test più facile Coggan e il suo collega Allen, trovarono il modo di ridurre il tempo dedicato al test, ed esclusi i tempi di riscaldamento e defaticamento, è stato così ridotto a 20 minuti (55). I due studiosi hanno infatti verificato come la potenza media in un test di 20 minuti fosse maggiore del 5% rispetto a quella espressa in un’ora di esercizio. Moltiplicando quindi la potenza media rilevata durante il test per 0.95 si ottiene quindi la FTP.
Un altro interessante studio a conferma di ciò è quello di Denham e altri che (56) hanno valutato se i risultati dei test di ciclismo aerobico e anaerobico tradizionali possano prevedere FTP e VO2max, analizzando l’associazione tra FTP stimato, massimo assorbimento di ossigeno (VO2max ml/kg/min) e output di potenza, ottenute da un test massimale al cicloergometro (CPET) e un test Wingate di 30 secondi in una coorte eterogenea di individui allenati e non allenati (N= 40, media ± DS; età: 32,6 ± 10,6; VO2max: 46,8 ± 9,1 ml/kg/min). Sono state osservate correlazioni importanti tra FTP, VO2max relativo e output di potenza ottenute durante test incrementale e test Wingate di 30 secondi (r=.39-.965, tutti P <.05). Mentre la massima potenza raggiunta durante il test incrementale (Pmax) e il VO2max relativo erano predittori di FTP (r=.93), l’età e l’FTP (Watt/kg) hanno stimato il VO2max relativo (r=.80). I risultati hanno confermato che FTP si basa principalmente sul metabolismo aerobico e indicato che entrambi i modelli di predizione sono abbastanza sensibili da rilevare cambiamenti significativi indotti dall’esercizio nell’FTP e nel VO2max. Un test FTP di 20 minuti dunque è un metodo conveniente per valutare il VO2max ed è particolarmente rilevante per i professionisti dell’allenamento per delineare le zone di allenamento e i carichi di lavoro, portando in definitiva a esercitare la prescrizione volta a ottimizzare la salute e agli adattamenti delle prestazioni.
L’attività indoor ha dunque i suoi vantaggi, come ad esempio:
- È possibile e accurato controllare gli intervalli d’allenamento impostati e l’avanzamento del monitoraggio nel tempo;
- È possibile spingere di più, perché non è necessario preoccuparsi del traffico;
- È possibile rispettare meglio delle tabelle programmate su programmi di HIIT;
- E’ possibile pedalare tramite l’uso di piattaforme divertenti virtuali che collegano vari ciclisti da tutto il mondo.
Il tutto collegato ad una grafica sulle varie piattaforme più conosciute che unisce mondo mondo reale a quello virtuale in un modo impressionante, come ci si aspetterebbe da gente con un background nel settore dei giochi, che immerge il soggetto in un percorso virtuale, con salite, discese e curve tutte nei punti giusti e feedback immediato con lo smart trainer, ma sicuramente non ha tutte quelle straordinarie caratteristiche per definirlo ciclismo.
– Quando e quanto allenamento?
La maggior parte della ricerca suggerisce che l’aggiunta di un allenamento di forza a un programma di allenamento già completo può comportare un sovraccarico, proprio come a volte si aggiungono più miglia di allenamento. Per evitare ciò, si consiglia di sostituire una parte dell’allenamento in bici con sessioni di allenamento di forza (57). A seconda del periodo della stagione, puoi valutare ciò che ha più senso per te, ma sappi che la maggior parte degli studi mostra grandi risultati già con l’introduzione di sole due sessioni di allenamento di forza a settimana (58).
Debbo dire che quanto esposto non va considerato né come un allenamento da seguire a prescindere, né come un programma preformato che non trova applicazione comune, perché l’allenamento va sempre e comunque individualizzato, ma mi sono riferito a come l’ambito della letteratura scientifica e del mondo dell’allenamento sport-specifico, intende l’allenamento di forza nell’endurance. Potrei anche discutere il numero preciso di ripetizioni richieste, ma questo avrebbe un valore a sé stante e comunque va detto che non sembra importare molto (59). Ciò che è di primaria importanza è spostare il corpo o i sovraccarichi con controllo e raggiungere la fatica senza compromettere la forma fisica. Per aiutare in questo bisogna mantenere velocità di ripetizione ragionevolmente lente e carichi nulli o leggeri, specialmente all’inizio del programma. Ciò eviterà che i picchi di forza intensa risultino pericolosi per lo spostamento troppo rapido del peso o del carico.
. Dovrebbe essere evitato lo stretching?
Non proprio, ognuno ha i suoi preferiti, la chiave sta anche nel saper variare gli esercizi secondo lo stesso principio degli esercizi di rinforzo, ma raramente ciò viene fatto (60, 61). Lo stretching statico sembra causare un declino della potenza, della forza e della velocità massime, oltre a danneggiare l’economia della pedalata. Infatti lo dimostra un studio (62) dell’Università di Milano del 2011, sostenendo che gli effetti dello stretching possono essere importanti nel ciclismo, dato che le fibre muscolari di tipo II (ovvero a contrazione rapida) sono più influenzate rispetto alle fibre muscolari di tipo I (contrazione lenta) sottoposte a stretching. Il ciclismo, d’altra parte, richiede una proporzione di circa il 60% della forza massima all’85% di VO2max, secondo lo studio. Di conseguenza i ciclisti reclutano una percentuale maggiore di fibre di tipo II e sono quindi più vulnerabili alla debolezza indotta dallo stretching. I ricercatori hanno eseguito una serie di test su VO2max, efficienza meccanica e tempo di esaurimento dell’esercizio (con la potenza impostata all’85% del VO2max, in modo che l’esaurimento richiedesse circa 30 minuti), con e senza stretching prima del test. In media dopo lo stretching, l’efficienza meccanica è risultata inferiore di circa il 4% e il tempo in cui si è registrato l’esaurimento muscolare è diminuito del 26% dopo lo stretching (22:57 vs. 31:12). Dipende anche dal tipo di attività che si va ad affrontare, se una cronometro, se una uscita sprint in MTB oppure lunga di ciclismo su strada, ma prima dell’uscita o della gara andrebbe affrontato ciò che rende più pronta la muscolatura ad affrontare quello che viene eseguito dopo. Qui si apre un mondo di lavori, diversificati in base a livello e preparazione, ma tuttavia posso dire che probabilmente, dato gli studi degli ultimi anni prediligerei uno stretching dinamico, piuttosto.
Secondo una revisione del 2013 i ciclisti dovrebbero considerare attentamente anche lo stretching di recupero, come un’attività che non rappresenta una panacea e la pratica esecutiva dello stesso, non dovrebbe essere eseguita alla cieca e con un attento monitoraggio (63).
Ognuno dovrebbe scoprire cosa funziona meglio per sé, ma un allungamento troppo aggressivo è sicuramente da evitare, in quanto può provocare lesioni. La progressione delicata nella fase di allungamento e l’ascolto delle sensazioni del corpo è fondamentale. Va comunque detto che è importante allungarsi, perché curvarsi sul manubrio causa tensione nella parte centrale della schiena e di conseguenza anche nella catena muscolare corrispondente. Di qui il consiglio ad eseguire ginnastica posturale, ad esempio il Metodo Mézières, potrebbe rappresentare un buon metodo per allungare la muscolatura in essere con l’abbinamento di respirazione profonda diaframmatica, che aiuta a ripristinare un corretto assetto di questo fondamentale muscolo. Inoltre l’allungamento di tutti quei distretti muscolari che tipicamente intervengono e coadiuvano l’azione motoria del ciclismo.
Figura 14: immagine che ritrae Franòçoise Mézières durante una lezione
. Esempi di stretching post attività
Stretching del collo
Siediti contro il muro, tenendo la schiena tutta appoggiata, in modo da avere un angolo di 90 gradi di flessione delle anche. Tenendo la mano sinistra con il palmo sotto il gluteo, inclina la testa dal lato opposto per sentire l’allungamento lungo il collo. Per rendere l’allungamento più profondo posiziona delicatamente la mano destra sul lato della testa sopra l’orecchio per flettere la testa un po’ di più lateralmente. Ripeti dall’altra parte.
Figura 15: allungamento laterale del collo
Mobilità toracica
Inginocchiati su entrambe le ginocchia di fronte a una superficie stabile, come una sedia o una panca. Metti le mani in posizione di preghiera e alza entrambe le braccia fino a quando i gomiti sono paralleli alle orecchie. Posiziona i gomiti sulla superficie mantenendoli piegati con un angolo di 90 gradi, mentre porti il bacino verso i talloni. Mantenendo il collo in posizione neutra, rilascia il torace verso il pavimento per creare un’estensione del torace e della parte centrale della schiena. Ripeti più volte.
Figura 16: mobilità torace
Mobilizzazione lombare
Sdraiati prono sul pavimento. Piega i gomiti per posizionare i palmi delle mani sul pavimento accanto alle costole. Fai pressione sui palmi delle mani e distendi le braccia, sollevando il busto, i fianchi e la parte superiore delle cosce da terra. Espira mentre esegui l’esercizio. La posizione yoga del cane verso l’alto “contrasta” la posizione della flessione del busto nell’attività ciclistica, lavorando per rilassare la parte lombare e allungare gli addominali, i flessori dell’anca e l’inserzione prossimale del quadricipite.
Figura 17: mobilizzazione lombare
Flessibilità dell’anca
Posiziona un tappetino o un cuscino per terra a circa un piede di fronte a una panca, una sedia bassa o una scatola. Posiziona il ginocchio sinistro sul cuscino di supporto e fai avanzare il piede destro in modo che l’arto formi un angolo al ginocchio di 90 gradi. L’arto inferiore sinistro dovrebbe piegarsi in modo che il piede si bilanci su una sedia o una panca. Per migliorare l’allungamento, spingere lentamente in avanti leggermente la parte anteriore dei fianchi, mantenendo la schiena dritta. Ripeti dalla parte opposta.
Figura 18: allungamento anteriore dell’anca
Stretching del piriforme
Trova una superficie stabile ed elevata come un gradino. Posiziona l’arto sinistro rivolto verso il tavolo in modo che la gamba sia parallela al bordo del gradino e fai scorrere l’arto destro dietro di te. Mantenendo l’arto destro disteso e la schiena allineata, inclina delicatamente il tronco sopra la gamba sul tavolo. Mantieni il tronco dritto è la perché se la colonna vertebrale è cifotizzata, non isolerai il piriforme. Usa anche le estremità delle dita per il supporto se non riesci ad allungarti in modo proficuo.
Figura 19: allungamento del piriforme
Stretching del gluteo
Sdraiati sulla schiena, fletti l’arto destro e portalo al petto, tenendo le mani dietro o sopra il ginocchio, in modo da esercitare una leggera pressione su di esso, mentre l’arto inferiore sinistro rimane disteso a terra. Questo esercizio è utile per rilassare tutta la zona lombo-sacrale, ripeti l’allungamento con l’arto sinistro.
Figura 20: allungamento del gluteo
Stretching della bandelletta ileotibiale
Stai in piedi. Incrocia l’arto inferiore sinistro dietro il destro. Inclinati con il busto verso destra, portando l’arto superiore sinistro in alto disteso e spostato verso destra, fino a quando senti un allungamento attraverso la bandelletta iliotibiale interessata. Alcune persone avvertono un allungamento nella zona dell’anca dove origina il muscolo, mentre altri avvertono una stiramento al ginocchio durante questo allungamento. Ripeti dal lato opposto.
Figura 21: allungamento bandelletta ileotibiale
Stretching del gastrocnemio e del soleo
Porta un piede leggermente davanti all’altro; l’arto inferiore avanti deve essere piegato, mentre il posteriore disteso (Puoi anche farlo di fronte a un muro e usare il muro come supporto). Dovresti avvertire un allungamento dal centro alla sommità del polpaccio. Quindi, porta il piede posteriore di circa 10 cm avanti e porta lentamente il bacino indietro come se fossi seduto su un seggiolone immaginario. Dovresti sentire un allungamento più basso sul polpaccio verso il tendine d’Achille. Ripeti dal lato opposto.
Figura 22: allungamento gastrocnemio e soleo
Infine l’uso del foam roll che proprio in una recente revisione di 14 articoli (64) è stato dimostrato che abbia degli effetti a breve termine sull’aumento della ROM (Range Of Movement) articolare senza influire negativamente sulle prestazioni muscolari e che possa aiutare ad attenuare i decrementi delle prestazioni muscolari e del DOMS – Delayed Onset Muscle Soreness (indolenzimenti muscolari a insorgenza ritardata) dopo un intensa uscita in bici. Rotolare su un punto dolente non è la risposta, invece è spesso necessario rilassare l’area circostante. Tutto il rotolamento deve essere fatto lentamente, a volte mi capita di vedere persone che vanno avanti e indietro come se fossero un mattarello, mentre bisogna eseguire una spinta lunga e progressiva attraverso le fibre muscolari, per dare rilassamento al muscolo.
Figura 23: immagine esempio sull’uso del foam roller per rilassare il gastrocnemio
– Conclusione
Mi piace concludere con una risposta a una domanda che spesso si sente fare: “Allora che cosa devo fare, se neppure i campioni riescono ad allenarsi così bene?” La risposta è semplice, non c’è sicuramente bisogno di abbandonare lo sport, ma bisogna cominciare dall’inizio, cominciare col corpo, capire che cosa è meglio fare e affidarsi ad un professionista del movimento per acquisire capacità fisiche e muscolari e servirsene tutti i giorni, non solo durante la pratica dello sport. Allora si scoprirà lo sport con un atteggiamento diverso, riuscendo ad allenarsi in modo globale, limitando il rischio d’infortuni e problematiche posturali, ponendo attenzione ad alcuni fattori focali tipici dello schema allenante. Prima di praticare il ciclismo, la presa di coscienza del corpo diventa obbligatoriamente un lavoro preliminare. Per cui cura le cattive posture, per una corretta funzionalità posturale (65), monitora i risultati, come il recupero della frequenza cardiaca, la frequenza cardiaca a riposo, la variabilità della frequenza cardiaca (HRV) nel sonno, l’intensità dell’allenamento e lo stato psicologico (con la scala POMS, ad esempio)(66), perché come il pittore prepara la tela, il ceramista la creta, noi dobbiamo preparare bene il corpo per servircene nell’attività scelta e prima di aspettarci da esso risultati soddisfacenti, occorre lavorare con costanza, per renderlo pronto globalmente ad esprimersi nel movimento.
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