Introduzione
L’allenamento è definito come “l’attivazione sistematica e mirata dei muscoli con l’obiettivo di migliorare le prestazioni attraverso adattamenti morfologici (strutturali) e funzionali” (Hollmann, 1990), cioè viene considerato quando avviene un’attivazione dei muscoli, c’è allenamento. Ovviamente l’alimentazione e le abitudini alimentari possano influenzare il successo dell’allenamento, lo sviluppo muscolare e le prestazioni in gara, mentre l’allenamento mentale, invece, induce l’attività muscolare.
La performance in competizione dipende da diverse componenti determinanti che rientrano in 3 classi principali:
– Tecnica;
– Condizionamento fisico;
– Psicologia e forza mentale;
Per giungere ad una prestazione elevata queste componenti vanno enfatizzate all’interno del piano di allenamento. L’allenamento è questione di riuscire ad ottimizzare il tempo. Sono poche le persone che possono permettersi di dedicare tutto il tempo che sarebbe necessario per correre una corsa in montagna: dopo il lavoro, la famiglia e le ore di sonno, non ci sono abbastanza ore libere durante la giornata. La miglior cosa da fare è cercare di lavorare con quello che si ha; questo non vuol dire che tutti quelli che hanno una vita molto impegnata debbano smettere di crederci, bisogna scovare però il metodo corretto per allenarsi lo stesso e con quello che si possiede e una volta che i miglioramenti e le prestazioni arrivano, sarà ancora più appagante riconoscere gli ostacoli superati.
In tutti gli sport di resistenza, ognuna delle zone d’intensità della frequenza cardiaca ha un ruolo specifico all’interno di uno schema di allenamento. I punti chiave del sistema a cinque zone sono i due marcatori metabolici della soglia aerobica (AeT) e anaerobica (LT) . La risposta metabolica all’esercizio fisico non segue perfettamente un rigido modello, anzi, c’è molta differenza tra un individuo e un altro ed anche nello stesso individuo possono esserci variazioni da un giorno all’altro: una FC di 145 bpm in una giornata in cui si è riposati avrà un effetto completamente diversi il giorno dopo uno sforzo.
Soglie in breve
. AeT
Quando la ventilazione è lenta e controllata (si parla senza bisogno di prendere fiato) la maggior parte dell’energia viene fornita dal metabolismo aerobico e questa intensità può essere mantenuta per ore. L’intensità prende il nome di Prima Soglia Ventilatoria (VT1); superato questo punto c’è un incremento della ventilazione, aumenta la velocità e l’intensità del respiro. Nella maggior parte degli atleti di resistenza, l’AeT corrisponde al punto in cui la concentrazione di lattato nel sangue è di 1 mmol/l, superiore al valore di riposo, ovvero di 2mmol/l circa.
. LT
Quando aumenta la velocità e l’intensità, aumenta anche la richiesta energetica fino al punto in cui la velocità di rimozione del lattato è minore della velocità di produzione dello stesso, punto questo indicato come LT, rappresenta la massima intensità alla quale i livelli di lattato, seppur elevati, rimangono stabili per un’ora circa. Quando si super la soglia LT i livelli di lattato aumentano e l’atleta si trova costretto a rallentare. Ogni soggetto che si è trovato in questa situazione una volta superato il punto LT a breve ci si trova costretti a rallentare o ad interrompere l’attività. Sebbene sia principalmente la causa della stanchezza, non va dimenticato che l’acido lattico detiene anche delle qualità buone, infatti viene utilizzato per produrre nuovamente ossigeno e regolare il valore di PH. Aumentando la soglia di resistenza, tramite l’allenamento, si migliorano anche le prestazioni. LT rappresenta la Seconda Soglia Ventilatoria (VT2) nella quale il respiro si fa notevolmente più profondo e rapido. Superato il punto LT diventa impossibile parlare normalmente e il tempo d’esaurimento dell’attività sarà di alcuni secondi o minuti, a seconda dell’intensità a cui ci si trova.
Le cinque zone di allenamento
Le aree di allenamento, o zone di intensità, sono gli intervalli target utilizzati per prescrivere le intensità di allenamento. Ti stavi davvero allenando abbastanza duramente e stavi raggiungendo la tua massima capacità? O era troppo intenso per permettere al tuo corpo di recuperare attivamente o costruire un’ottima resistenza di base? Sarai in grado di rispondere correttamente a queste domande solo se conosci le tue aree di allenamento individuali. Bisogna anche dire che le intensità di allenamento (tre zone, cinque zone, sette zone) sono modelli imperfetti e tutti cercano di correlare FC a intensità.
Come detto in precedenza la risposta del corpo all’allenamento varia di giorno in giorno a seconda di diversi fattori e sicuramente il recupero è il fattore che influenza maggiormente la zona in cui si trova un soggetto in un determinato giorno; ossia i principali marcatori che metabolici che determinano le zone da un giorno all’altro possono essere spostati di diversi battiti al minuto, ovvero la stessa FC in due allenamenti susseguenti potrebbe rappresentare due sforzi diversi. L’allenamento a cinque zone è meglio rispetto a quello a sette in cui la FC è impossibile che venga controllata con tale precisione.
Figura 1: tabella di riferimento delle zone, con effetti dell’allenamento, processo metabolico e tipo di fibre muscolari che dominano ogni zona, indicando il metodo allenante per ottenere un miglioramento. I valori percentuali sono indicativi e non devono essere considerati come dei punti fissi, dato che possono essere stabilità solo con test di laboratorio.
Il sistema basato su due marcatori è così suddiviso:
- AeT, parte superiore della Z2;
- LT, parte superiore della Z3;
- Z1 e Z2, zone aerobiche;
- Z4 e Z5, zone anaerobiche;
- Z3, a metà tra allenamento moderato e intenso.
Come eseguire il test FCLT
Se usate correttamente le zone d’intensità consentono di sfruttare appieno i metodi di allenamento specifici, infatti è possibile monitorare le zone in tempo reale mentre ci si allena con un dispositivo di tracciamento e quindi analizzarle in profondità con il software in seguito e prendere decisioni su come progredire nell’allenamento.
Il primo passo per cominciare è misurare accuratamente le attuali zone di allenamento. Strumenti come gli orologi sportivi GPS e software d’allenamento come gli sport tracker sono impostati su zone predefinite. Per iniziare a utilizzare seriamente le zone di allenamento, è necessario determinare le “zone di soglia” e quindi regolare queste zone predefinite di conseguenza. Il modo più accurato per determinare le attuali zone di soglia è visitare un laboratorio sportivo professionale, tuttavia, questo metodo costa denaro e non tutti hanno accesso a una struttura qualificata. Un altro modo comprovato è misurarli da soli. Per fortuna, è possibile farlo con l’attrezzatura di base e un’ora di tempo libero.
La determinazione della FC e della soglia LT (FCLT) dal quale estrarre le soglie di andatura personali rappresentano il primo passo per inizare. Per entrare nella pratica bisogna eseguire un allenamento di 30 minuti in cui si va il più velocemente possibile, senza sosta su un percorso pianeggiante, mentre si esegue il monitoraggio con un orologio GPS. Indossare un cardiofrequenzimetro è necessario per determinare FCLT. È inoltre possibile utilizzare un tapis roulant. L’esecuzione non va eseguita piano per i primi 10 minuti e poi più forte per gli ultimi 20, ma eseguire uno sforzo uniformemente distribuito nel tempo. La FCmedia degli ultimi 20 minuti di questo test è la soglia FCLT. Il ritmo medio dell’intero test di 30 minuti è la soglia di ritmo.
Come determinare le zone dai dati del test
Recentemente ho testato FCLT e le zone di ritmo per la corsa. Ho corso su un sentiero sterrato all’aperto, con caratteristiche vallonate. La mia FCmedia degli ultimi 20 minuti dell’allenamento di 30 minuti è stata di 165. Il mio ritmo medio dell’intero allenamento è stato di 6:00/km.
Ecco come determinare le zone di allenamento da questi dati:
Per la FC, qualsiasi valore inferiore all’85% del FCLT sarà la Zona 1. Poiché la mia FCmedia era 165, l’85% di 165 = 140,25. Quindi, per me, qualsiasi cosa inferiore a 140,25 sarà Zona 1.
Ecco le zone di allenamento della frequenza cardiaca e del ritmo per la corsa basate su FCLT:
– Zona 1 = meno dell’85%;
– Zona 2 = dall’85 all’89%;
– Zona 3 = dal 90 al 94%;
– Zona 4 = dal 95 al 99%;
– Zona 5 = dal 100 al 104%.
Quando conosci le tue zone, puoi iniziare ad applicarle. Come accennato in precedenza, molti piani di allenamento di resistenza si basano molto sulla Zona 2, anche se questo sforzo sembra una corsa leggera. La zona 5 è impegnativa, ma allenarsi intenzionalmente in questa zona su base regolare può migliorare notevolmente la tua forma fisica. Un allenamento base della Zona 5 potrebbe basarsi su di un riscaldamento di 10 minuti nella Zona 2, seguito da 15 minuti nella Zona 5 e concludere con un defaticamento di 10 minuti nella Zona 2. L’allenamento a intervalli è un ottimo modo per migliorare e man mano che si è più abituati a svolgere allenamenti intervallati, aumenta la possibilità di variazione di ritmo durante gli allenamento stessi.
Continuità, Gradualità e Modulazione
Un programma di allenamento valido pone più sistemi del corpo in uno stato di crisi che influenza i sistemi strutturali e funzionali e induce una serie di processi di adattamento. Si possono verificare sia condizioni di non adattamento, che condizioni di sovrallenamento, per questo ci vuole tempo perchè il corpo si adegui all’allenamento.
Eseguire con continuità l’allenamento significa svolgere regolarmente un programma di allenamento con interruzioni minime ed è necessario essere motivati e disciplinati. Può accadere di dover saltare una settimana di allenamento e questo potrebbe rappresentare un problema, mentre interruzioni occasionali di un paio di giorni non rappresentano un problema, sempre se non fanno diminuire di più del 5% il carico di allenamento mensile. Se dovesse succedere ciò bisogna adattare il programma facendo alcuni passi indietro.
La progressione dell’allenamento è fondamentale e per ottenere benefici i carichi vanno gradualizzati. Saper riconoscere quando lo stimolo è sufficiente e quando è troppo alto, fa la differenza. La gradualità è necessaria sia nel volume, che nell’intensità dell’allenamento. Per migliorare la capacità aerobica le modifiche da apportare sono semplici e prevedono un aumento del volume di allenamento. Per migliorare sia capacità aerobica, che velocità, resistenza aerobica e muscolari, devono essere elaborati metodi specifici e complessi. Basti pensare che per un soggetto mediamente allenati (350-400 ore di allenamento all’anno) la percentuale di aumento del carico è del 25% circa, per un atleta (circa 500 ore di allenamento all’anno) l’aumento è di circa il 10% e per un atleta d’élite a volte non cambia, ma cambia invece il tipo e la quantità di allenamento ad alta intensità e specifico.
La modulazione permette di stimolare i sistemi desideri e concedere il tempo di adattamento prima di un nuovo carico, per raggiungere la cosiddetta omeostasti dopo un periodo di carico. Sicuramente la motivazione e l’attenzione che un soggetto ripone nel processo allenante fanno la differenza sempre. Quando si porta a livelli estremi la modulazione si arriva al cosiddetto overreaching, che prevede una settimana di carichi al disotto della media, seguita da un periodo breve di allenamento con carichi elevatissimi e poi un periodo di recupero.
Specificità, Cross-training e Individualità
L’allenamento andrebbe eseguito specificatamente a ciò che prevede e richiede la disciplina. Inizialmente nel mondo della resistenza, ma anche una altri lidi, si può raggiungere un risultato basale anche eseguendo un allenamento generico, ossia cross-training. Per coloro he vogliono aumentare le loro prestazioni negli sport di montagna la primo attività con cui confrontarsi è quella controgravità. Il ciclismo è un ottimo allenamento generale, ma molto meno efficace dal punto di vista specifico e temporale. La posizione seduta infatti porta a non dover sostenere il peso corporeo totale e dunque una minore spesa energetica, ridotta massa muscolare utilizzata, limitata gamma di movimenti, elimina le fasi coordinative, l’equilibrio e la varietà di terreni richiesti nel trail running. La bici aiuta nella riabilitazione e nel recupero, così come il nuoto. Ma la corsa richiede che gli allenamenti si svolgano a piedi è questo è il primo step specifico.
Finalmente riesco a scrivere una frase del grande Canova R.: “Se proponi a dieci atleti lo stesso allenamento, vedrai dieci differenti risposte”. Questa frase ben delinea il concetto di individualità. L’elemento più difficile da comprendere e gestire per ciascun professionista del movimento, preparatore e allenatore. L’individualità è espressa da background sportivo soprattutto qua quanto è stato fatto o meno nella fase pre-adolescenziale e adolescenziale, dall’allenamento recente, dai fattori di stress della vita quotidiana e da quale tipo di fibre muscolari che un individuo possiede in misura maggiore (FT o ST). L’errore più comune, anzi, aggiungerei la moda più sbagliata e non professionale, è quella di proporre lo stesso allenamento ad un altro soggetto. In questo periodo più che in altri si vedono pubblicati innumerevoli allenamenti, su siti indicizzati, su piattaforme di sport tracker, sui social e sui media, e per i lettori diventa facile credere di poter ottenere risultati straordinari seguendo lo stesso tipo di percorso. Ma in realtà allenarsi è ben altro e necessita una base di competenze che nemmeno tange la sfera dei soli media.
Stimolo allenante e Recupero
La prima reazione di stress all’allenamento è sicuramente un indebolimento prestativo, ma dopo un recupero, che sia sufficiente, il livello allenante sarà più alto del precedente. Fin qui tutto già noto, ma allora cosa fare nel periodo di recupero? Riposare e quanto? Ridurre i volumi e le intensità? E quanto recupero fare? Avere un equilibrio nella fase di recupero è fondamentale. Imparare ad interpretare i feedback del corpo nel periodo di carico e recupero fa la differenza ed è sinonimo di vera percezione e riconoscimento del grado di carico interno di allenamento che spesso fa al differenze anche tra atleti di alto livello, ma per arrivare a ciò serve molta esperienza e un bagaglio di competenze molto ampio.
L’adattamento a cui un soggetto è sottoposto può essere differente ed avere risvolti diversi. Un corpo umano sano si adatta agli stimoli forniti dall’ambiente e a La Paz, in Bolivia, che si trova a un’altitudine di 3500 slm, all’inizio avrà sicuramente problemi di respirazione e difficoltà anche a svolgere attività leggere. Dopo alcuni giorni il corpo si adatterà a questa altitudine estrema e sarà persino in grado di riprendere un’attività quasi normale. Allo stesso modo in un paese caldo si sperimenterà inevitabilmente un certo disagio per i primi giorni. Dopo pochi giorni il caldo diventerà tollerabile e il livello di disagio diminuirà. Allo stesso modo, un corpo che è regolarmente esposto a un certo livello di esercizio, dopo un periodo di adattamento, sarà in grado di gestire carichi di lavoro maggiori e sarà in grado di comportarsi meglio nella prestazione.
Il fenomeno dell’adattamento è regolato dal “principio di supercompensazione” che segue 4 fasi distinte:
- Fase 1: durante questa fase il soggetto completa un grande volume di allenamento; si stanca e le sue prestazioni fisiche diminuiscono (calo della curva);
- Fase 2: la cosiddetta fase di recupero indotta da un allenamento a bassissima intensità (allenamento di rigenerazione o riposo attivo) e riposo tra le sedute di allenamento. La prestazione fisica tornerà ora al livello di partenza (l’aumento della curva equivale alla compensazione del lavoro). Questa fase consente che avvengano diversi adattamenti biologici, come la normalizzazione dell’ambiente cellulare: i prodotti di scarto vengono rimossi, i valori di pH si normalizzano e le strutture cellulari si ripristinano; si assiste al recupero dei processi di stimolazione neuromuscolare: un muscolo stanco non reagisce in modo ottimale agli stimoli nervosi. Questo verrà ripristinato quando il muscolo si riprenderà e verrà ripristinata la concentrazione e l’attività degli enzimi e degli ormoni e le fonti di energia verranno reintegrate. Il glicogeno e altre fonti di carburante vengono ripristinate.
- Fase 3: la fase di supercompensazione: le prestazioni fisiche aumentano al di sopra del livello iniziale. Il soggetto può ora gestire lo stesso carico di prima, ma con meno sforzo, oppure un carico più intenso con la stessa facilità.
- Fase 4: se l’allenamento non viene proseguito, il miglioramento della capacità fisica andrà progressivamente persa.
Con un atleta sano il tempo necessario per la supercompensazione dipende da diversi fattori:
- Il tipo e la durata dell’allenamento;
- Il livello di condizionamento dell’atleta;
- Il livello di recupero dell’atleta.
Se il soggetto ha un livello di condizionamento elevato ed è ben riposato, il tempo per la supercompensazione sarà più breve. Lo stress mentale e la fatica rallenteranno il processo necessario per ottenere la supercompensazione. Inoltre, dovrebbe esserci una distinzione tra serie lunghe e brevi nell’allenamento. Ad esempio, una serie anaerobica intensiva richiederà un tempo più lungo per la supercompensazione, rispetto ad una serie più corta dello stesso tipo. Queste differenze di tempistica per la supercompensazione sono dovute alla durata dei vari processi di rigenerazione biologica che avvengono durante la fase di recupero. Mentre il rifornimento di creatina fosfato (CP) richiederà solo da pochi secondi a un paio di minuti per tornare a livelli normali, il ripristino con glicogeno può durare fino a 24 ore o anche di più. La produzione di nuovi enzimi o proteine può anche richiedere ore, a volte anche giorni per essere completata (Fig. 2).
Figura 2: grafico che rappresenta il recupero in base alla zona d’intensità in cui è stato eseguito l’allenamento.
L’adattamento
Sedute di allenamento lunghe a bassa intensità, causano una degradazione strutturale minima o nulla dell’organismo. In questo caso dovranno essere reintegrate solo le scorte energetiche spese, quindi il tempo necessario per riprendersi da questo tipo di sforzo sarà piuttosto breve. Le sessioni di allenamento intenso consumano molta energia e creano danni nei sistemi dell’organismo e quindi richiedono un periodo di rigenerazione considerevolmente più lungo per ricaricare le scorte energetiche e ricostruire un certo numero di proteine ed enzimi. Gli adattamenti dell’organismo umano seguono uno schema regolare. Durante la prima o seconda settimana di un nuovo ciclo di allenamento il corpo si adatta rapidamente al nuovo stimolo. Nelle settimane seguenti la potenza di questo stesso stimolo di provocare un adattamento svanirà progressivamente per finire completamente dopo 6 settimane (fig. 3). Chiamiamo quindi le settimane 1 e 2 del processo di adattamento “fase di adattamento rapido” e le settimane da 3 a 6 “fase di stabilizzazione”. Dopo che il corpo smette di rispondere al carico di allenamento corrente (intensità e/o volume) è necessario aumentarlo per indurre un ulteriore adattamento. Ciò significa che, dopo circa 6 settimane, l’allenamento dovrebbe essere modificato:
- Aumentando il volume;
- Aumentando l’intensità;
- Aumentando la frequenza settimanale delle sedute;
- Cambiare la proporzione degli allenamenti, ossia aggiungere variabile con stesso volume ed intensità;
- Rendere il programma di allenamento più difficile modificando l’ambiente di allenamento come l’allenamento e il soggiorno in altitudine o mantenendo lo stesso numero di allenamenti intensi a settimana, ma con sessioni di allenamento meno estese.
Figura 3: processo di adattamento nell’organismo come risultato di uno stimolo di allenamento.
Perché aspettare 6 settimane prima di introdurre un nuovo stimolo o un nuovo carico di allenamento? Il motivo è che sono necessarie da tre a sei settimane per stabilizzare gli adattamenti apportati nelle prima e seconda settimana. Affinché il miglioramento della capacità di resistenza avvenga, migliaia di piccole componenti cellulari devono essere ricostruite e/o prodotte. Alcuni di queste verranno ricostruite rapidamente, mentre altre richiederanno più tempo. Se il carico di allenamento viene aumentato troppo presto, solo le strutture cellulari che possono adattarsi rapidamente saranno in grado di seguire il ritmo di allenamento imposto. Tutti le altre rimarranno indietro, non saranno ricostruite o, nel peggiore dei casi, saranno irrevocabilmente perse e non ci sarà uno sviluppo omogeneo della capacità di resistenza, provocando il possibile cedimento del soggetto e causando sovrallenamento. Inoltre è importante ridurre sia il volume, che l’intensità verso la fine della fase di stabilizzazione, per iniziare il ciclo di allenamento successivo in una condizione fresca e rilassata.
Migliorare il recupero
Vari sono gli aspetti che possono aiutare a recuperare in modo più proficuo e veloce:
- La dieta;
- Il sonno;
- I massaggi e gli automassaggi;
- Ridurre i fattori di stress quotidiani;
- Allenamenti di recupero.
Il cibo è il carburante ed è fondamentale dosarlo per ottimizzare il recupero. Assumere 100-200 kcal nei trenta minuti dopo un’esercizio di oltre un’ora con rapporto carboidrati/proteine 3:1 o 4:1 potrebbe essere d’auto, dato che è proprio in questa finestra temporale che i muscoli sono in grado di ripristinare velocemente le riserve di glicogeno.
Dormire con qualità significa stimolare benefici nel recupero degli sforzi giornalieri. LA fase REM rappresenta un momento importante nella riparazione dei danni, grazie ad una serie di ormoni che vengono rilasciati, ma le basi che contraddistinguono tale fase e la sua importanza non sono state conosciute fino in fondo.
Il massaggio aiuta la circolazione sanguigna ad agevolare il reintegro dei nutrienti e alla riduzione dell’infiammazione muscolare e uno studio di Tarnopolsky M. e altri ha dimostrato che dieci minuti di massaggio profondo hanno un effetto incredibile sulla velocità di recupero.
Anche l’automassaggio può essere efficace e molte sono le tecniche che possono essere utilizzate. L’uso di palline massaggianti accelera e cura i problemi muscolo-scheletrici cronici, hanno un effetto di rilassamento sulle fibre muscolari e sulla riduzione delle aderenze. Utilizzare queste tecniche prima di coricarsi favorisce anche il sonno. Anche l’uso di elettro-stimolatori aiuta molto nel recupero con specifici programmi in base al distretto interessato.
Tecniche di meditazione o di training autogeno riducono lo stress quotidiano e permettono di gestire al meglio quello provocato dall’allenamento.
Il recupero tramite l’esecuzione di attività fisica a bassa intensità è un valido motivo di recupero, anche se con qualche accortezza, come porre attenzione sull’intensità molto bassa, eseguire un’attività alternativa, diversa, di sollievo e non stancante, come ad esempio una camminata.
Riferimenti:
House S., Jornet K., Johnston S. Training for the Uphill Athlete, Mulatero Editore, 2020
Jan Olbrecht’s Book, The Science of Winning, F&G Partners, 1 apr. 2015