Rispetto alla corsa su strada, il trail running è uno sport diverso per via delle distanze di gara, del terreno su cui si svolgono le gare, della durata e dell’ambiente. La corsa su strada si effettua normalmente su strade asfaltate e urbane che tendenzialmente sono più piatte. Al contrario il trail running si svolge principalmente in montagna in cui il terreno è variabile, può variare da strade sterrate lisce a single track, a sentieri tecnici, compresi gli ostacoli come rocce o neve. Tale caratteristica del trail running fa scaturire delle determinanti fisiche e fisiologiche di chi ne affronta i percorsi. I maggiori dislivelli percorsi in salita e discesa conducono ad un cambiamento nella modalità contrazione e ad un aumento del ruolo che la forza muscolare degli arti inferiori gioca come determinante della prestazione, sia per spingere il corpo durante i tratti in salita, sia per resistere al danno muscolare dovuto, alle contrazioni eccentriche, durante le discese.
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Soglia Anaerobica
Terminologia utilizzata per descrivere AT
LT (Lactate Thresold – Soglia del Lattato): la fase dell’esercizio in cui si verifica un aumento significativo ed esponenziale del lattato durante un test da sforzo incrementale.
MLSS (Massimo Lattato in Stato Stazionario): si verifica nella fase precedente all’aumento esponenziale del lattato, in cui la produzione e la rimozione di lattato sono bilanciate in modo ottimale.
OBLA (Onset of Blood Lactate Accumulation – Inizio dell’Accumulo di Lattato nel sangue): l’accumulo di lattato nel sangue fino a una quantità specifica (di solito 4 mmol/L) durante l’esercizio fisico incrementale. Si ritiene che questo valore critico rifletta il passaggio ad intensità d’esercizio più elevate.
Soglia Ventilatoria (chiamata anche VT1): l’intensità dell’esercizio alla quale la ventilazione aumenta in modo sproporzionato rispetto al consumo di ossigeno, principalmente per espirare l’anidride carbonica in eccesso prodotta durante la glicolisi anaerobica.
RCP (Respiratory Compensation Point – Punto di compensazione respiratoria) (chiamato anche VT2): periodo di iperventilazione durante un esercizio molto intenso, mediato da diversi fattori fisiologici.
Buffering isocapnico o tampone a concentrazione costante di anidride carbonica: la zona d’esercizio e/o allenamento tra VT1 e VT2 che riflette il buffering bicarbonato ottimizzato, che insieme all’iperpnea (aumento della profondità degli atti respiratori e della ventilazione polmonare), sono sufficienti per prevenire l’acidosi. Può essere utilizzato come misura delle prestazioni nella zona da aerobica ad anaerobica.
L’affaticamento dei muscoli respiratori altera le prestazioni del ciclismo e l’affaticamento dei muscoli locomotori
Le contrazioni intense e ripetute del muscolo scheletrico possono portare a una riduzione temporanea della capacità del muscolo di generare forza, cioè ad affaticamento muscolare, come accade nel ciclismo. Più specificatamente l’affaticamento muscolare è stata dimostrato alla fine dell’esercizio ad alta intensità, suggerendo che esista una “soglia critica” di fatica che limiti le prestazioni all’esercizio. Prevenire il superamento di questa soglia critica da parte dei muscoli locomotori, diminuisce l’output motoneuronale e la produzione di energia durante l’esercizio respiratorio. Nello studio è dimostrato che l’affaticamento muscolare respiratorio altera la percezione sensoriale durante l’esercizio, portando a una diminuzione della potenza. La riduzione della produzione di energia durante l’esercizio globale diminuisce la perturbazione metabolica e attenua l’affaticamento dei muscoli locomotori. Questi risultati indicano che il sistema respiratorio influenza il limite di tolleranza sensoriale ed è parte integrante di un ciclo di feedback globale che regola la prestazione fisica e lo sviluppo dell’affaticamento muscolare locomotore.
L’influenza della larghezza del centro sci e della fatica sulla stabilità dell’articolazione del ginocchio e sull’equilibrio dello sciatore
Lo sci alpino è uno sport complesso che richiede un alto livello di controllo motorio ed equilibrio. In generale, gli sciatori sono soggetti all’aumento della fatica dovuto all’uso di attrezzature inadeguate. Di conseguenza, il rischio di lesioni potrebbe aumentare. Lo studio di Zorko e altri ha esaminato l’influenza della fatica e della larghezza dello sci sulla stabilità dell’articolazione del ginocchio e sull’equilibrio dello sciatore. È stata condotta una simulazione dello sci in laboratorio in una posizione di rotazione degli sci quasi statica in cui la cinematica degli arti inferiori è stata registrata utilizzando un sistema ottico e i parametri che determinano l’equilibrio sono stati catturati utilizzando una piastra di forza. È stato dimostrato che la cinematica dell’articolazione del ginocchio e l’equilibrio dello sciatore sono stati ostacolati nello stato di affaticamento, così come quando si utilizzavano sci con un centro molto grande. I risultati dello studio suggeriscono di evitare l’aumento dello stato di affaticamento e l’uso di sci larghi al centro, mentre si scia su superfici dure, per ridurre il rischio di lesioni.
Informazioni sull’impatto della disidratazione sul flusso sanguigno e sul metabolismo durante l’esercizio
Il termine “disidratazione” indica una perdita di liquidi corporei (equivalente a una perdita di massa corporea di circa 3% –5%) in combinazione con aumenti della temperatura corporea interna (ipertermia). La disidratazione attenua la sudorazione e il flusso sanguigno cutaneo e riduce l’attività muscolare, il flusso sanguigno sistemico e la pressione arteriosa media, traducendosi in un aumento significativo del tasso di accumulo di calore corporeo, ipertermia centrale e sforzo fisiologico. Una compromessa perfusione muscolare quando si è disidratati o ipertermici porta ad una catena di eventi volti all’affaticamento a causa della sua negatività d’impatto sull’approvvigionamento di ossigeno. Gli effetti dannosi della disidratazione e dell’ipertermia non sono uniformi tra i tessuti del corpo umano e in una gamma d’intensità e modalità di esercizio. Il modello di Trangmar S.J. e altri evidenzia che la disidratazione progressiva indotta dall’esercizio fisico, con concomitante ipertermia, può portare a una perfusione compromessa a più tessuti e organi. Tuttavia l’entità dell’impatto della disidratazione sulla funzione fisiologica dipende dal livello di disidratazione, dall’intensità dell’esercizio e dalle condizioni ambientali. Il flusso sanguigno attraverso il cuore, i muscoli attivi e il cervello è elevato con la disidratazione, a riposo e durante l’esercizio con muscoli isolati o di bassa intensità. Tuttavia durante l’esercizio fisico intenso o prolungato di tutto il corpo (>60% V̇O2max), il cervello, i muscoli attivi e il flusso sanguigno sistemico sono compromessi, associati meccanicamente a una maggiore attività vasocostrittrice, ritorno venoso soppresso e riempimento cardiaco. La diminuzione della perfusione regionale e sistemica ha effetti diversi sul metabolismo dei tessuti ed è un probabile precursore dell’affaticamento precoce.
Il rapporto di carico di lavoro da acuto a cronico casuale è stato associato “come” un rapporto d’infortunio da carico acuto a cronico effettivo: è tempo di destituire l’ACWR e i suoi componenti
Il numero di studi che esaminano la relazione tra carico di allenamento e infortuni negli atleti è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni e attualmente ci sono oltre 100 studi sull’argomento. Per trovare un’associazione tra carico di allenamento e infortuni sono state create varie misurazioni sull’allenamento. La metrica più popolare, comunemente usata come “modello” di riferimento standard per diverse linee guida internazionali, è il rapporto di carico di lavoro auto: cronico (ACWR). Questo rapporto si ottiene dividendo la componente “fatica” per la componente “fitness”. La componente “fatica” è rappresentata dal carico di lavoro acuto (LA), comunemente calcolata utilizzando il carico di lavoro della settimana precedente all’infortunio, mentre la componente “fitness” è rappresentata dal carico di lavoro cronico (LC), che è il carico di lavoro medio delle quattro settimane precedenti all’infortunio. Il LA comparato con il LC usando questo rapporto è ampiamente considerato per riflettere il rischio d’infortunio negli atleti. L’ACWR ha recentemente preso d’assalto la scienza e la medicina dello sport. È stato costantemente affermato che l’ACWR è associato al rischio d’infortunio, rendendolo così una metrica utile per ridurre o prevenire il rischio lesivo. Questa metrica è stata resa popolare da numerosi editoriali e consensi in riviste scientifiche e mediche sportive ad alto fattore d’impatto. Parlando della loro influenza questi articoli sono tra i più citati nel settore. L’aumento dell’attenzione ricevuta dalla “gestione del carico” nella pratica professionale è stato alimentato anche da questi studi. L’influenza di ACWR è persino penetrata nel circuito internazionale, infatti è utilizzato nelle linee guida di sviluppo e nelle dichiarazioni di consenso internazionali da organizzazioni leader come il CIO (Comitato Olimpico Internazionale). L’ACWR è onnipresente ed è incluso nei sistemi nazionali di gestione degli atleti e nei software disponibili in commercio, ma andrebbe destituito, come si evince dall’articolo in questione.
Un modello concettuale per lesioni atletiche legate allo stress, allo sforzo e al sovrallenamento
Molte lesioni atletiche si verificano quando i vari tessuti che compongono il corpo umano subiscono stress e tensioni che superano la loro forza materiale. La quantità precisa di stress e tensione che un determinato tessuto può sopportare è determinata dalle proprietà meccaniche e dalla resistenza di quel tessuto. Queste proprietà meccaniche sono determinate direttamente dalla fisiologia di un individuo e dalla regolazione acuta di queste proprietà. E’ necessario un modello concettuale dettagliato per l’eziologia della lesione che consideri l’interazione tra i fattori fisiologici e meccanici al fine di delinare le cause del danno e della lesione tessutale. Ciò guiderà la ricerca sugli infortuni verso un’indagine più approfondita dei meccanismi causali e la comprensione dei fattori di rischio. All’interno di questo articolo viene proposto un modello concettuale semplificato d’infortunio insieme a una struttura concettuale dettagliata e basata sull’evidenza, per l’eziologia del trauma atletico che si concentra su infortuni correlati allo stress, allo sforzo e al sovrallenamento.