I processi degenerativi che sono alla base l’invecchiamento cerebrale e fanno parte di un continuum e una combinazione di fattori di rischio possono determinare sviluppo di demenza o malattie cerebrali. Di conseguenza vi è un crescente interesse per le strategie per inibire i segni distintivi dell’invecchiamento cerebrale, che potrebbero potenzialmente ritardare o prevenire l’insorgenza di malattie neurodegenerative. Tra questi vi sono: la disfunzione mitocondriale, la diminuzione della capacità di riparazione e smaltimento delle molecole, aumento del danno ossidativo, diminuita capacità di riparazione del DNA, ridotta risposta allo stress neuronale, aumento dell’attivazione delle cellule gliali e dell’infiammazione, alterata omeostasi del calcio, metabolismo energetico disregolato, disfunzione nell’attività della rete neuronale e diminuzione della capacità di neurogenesi.
Durante l’invecchiamento, i livelli di glucosio a digiuno aumentano poiché le cellule diventano meno efficaci nell’importare il glucosio in risposta all’insulina, cosiddetta resistenza all’insulina. La funzione cerebrale è particolarmente sensibile agli effetti avversi dell’insulino-resistenza poiché il glucosio è una fonte di energia chiave per i neuroni e questo può essere aggravato da cambiamenti metabolici e cardiovascolari con l’invecchiamento (ad esempio, dislipidemia, aumento dei trigliceridi e colesterolo LDL – lipoproteine a bassa densità). Di conseguenza, anche gli stili di vita sedentari e le diete malsane che compromettono la funzione periferica e la salute metabolica sono collegati con un invecchiamento cerebrale accelerato
Il controllo cellulare di ioni e minerali importanti diventa disregolato nella maggior parte dei tessuti anziani, ma l’omeostasi del calcio (Ca2+) compromessa con l’invecchiamento è un problema particolare nei neuroni. Il Ca2+ svolge un ruolo in numerose funzioni cerebrali, tra cui la neurotrasmissione, l’eccitabilità neuronale, la plasticità sinaptica, il consolidamento della memoria a lungo termine e la modulazione dell’espressione genica. Con l’invecchiamento, l’omeostasi del Ca2+ viene compromessa per l’aumento dell’afflusso di Ca2+ e della disregolazione dei mitocondri. Ciò porta a un’espressione genica alterata e alla funzione neuronale che sono collegate al declino cognitivo e possono anche contribuire direttamente alla morte neuronale attraverso l’eccitotossicità causata dal Ca2+. Molti studi dimostrano che l’esercizio fisico aumenta il BDNF (Fattore Neurotrofico Cerebrale, è un mediatore critico della vulnerabilità allo stress, della memoria di paura/trauma e dei disturbi legati allo stress come il disturbo da stress post-traumatico. Le varianti vicine al gene BDNF sono state trovate associate all’obesità in due studi sull’intero genoma dell’indice di massa corporea), che è stato riduca l’afflusso extrasinaptico di Ca2+ neurotossico mediato dal recettore NMDA. Alcuni degli effetti benefici dell’esercizio sui mitocondri neuronali probabilmente migliorano anche l’omeostasi del Ca2+, poiché l’esercizio migliora la gestione del Ca2+ mitocondriale. Infatti studi su topi transgenici mostrano che l’esercizio aumenta l’espressione della sirtuina mitocondriale protettiva, SIRT3, e che questo è necessario per la protezione contro l’eccitotossicità correlata al Ca2+.
Le parti del cervello che possono generare nuovi neuroni durante la vita adulta sono le zone in cui risiedono cellule staminali con la capacità di generare nuovi progenitori, ossia il giro dentato dell’ippocampo, la zona subventricolare del ventricolo laterale e i bulbi olfattivi. Alcuni studi sui roditori hanno dimostrato che la corsa induce la neurogenesi nel giro dentato dell’ippocampo ed è associata a un aumento della neurogenesi e a una migliore memoria. Altri hanno studiato l’influenza dell’esercizio a lungo termine sulla neurogenesi dell’ippocampo nei topi anziani e hanno scoperto che l’esercizio aumenta la neurogenesi e migliora la struttura neuronale, probabilmente per l’aumentata attività del BDNF. Negli esseri umani, la neurogenesi può essere correlata al flusso sanguigno cerebrale, che aumenta con l’esercizio.
Dei sei composti segnalati per migliorare la salute periferica e la durata della vita nel National Institute on Aging’s Intervention Testing Program (ITP), ad oggi, la rapamicina e il 17-alfa-Estradiolo sembrano essere i più efficaci per la massima protezione per la salute del cervello durante l’invecchiamento. La rapamicina inibisce le cascate di crescita intracellulare (in gran parte inibendo mTOR, proteinaochinasi che integra tutte le informazioni provenienti dai nutrienti, come glucidi, lipidi, proteine, fibre, acqua, vitamine e minerali e dai fattori di crescita, ovvero proteine capaci di stimolare la proliferazione e il differenziamento cellulare dell’Isulin Growth Factor-1 diventando in questo modo il centro di controllo della crescita, del metabolismo e della longevità delle cellule sane) e aumenta la durata della vita media e massima nei topi, influenza la maggior parte dei segni distintivi dell’invecchiamento nei tessuti periferici e il crescente supporto per effetti simili nel cervello, riducendo lo stress ossidativo nel cervello dei ratti anziani attivando l’autofagia, diminuendo la neuroinfiammazione e migliorando l’integrità neuronale. L’iniezione di rapamicina riduceI anche le citochine e le chemochine proinfiammatorie e inibisce l’attività dei macrofagi e della microglia. È stato dimostrato che l’integrazione di rapamicina influenza l’espressione della trascrittasi inversa della telomerasi cerebrale (TERT), che mantiene l’integrità dei telomeri e riduce i ROS (Reactive Oxygen Species) le specie reattive dell’ossigeno, radicali liberi a maggior diffusione. I più importanti ROS sono l’anione superossido O2-, il perossido d’idrogeno H2O2 e il radicale ossidrilico •OH.. L’integrazione cronica di rapamicina migliora anche la segnalazione NMDA (un recettore del glutammato e dei canali ionici che svolge un ruolo nella plasticità sinaptica). Inoltre la rapamicina sopprime la senescenza nei ratti con invecchiamento accelerato e migliora la mielinizzazione e la struttura neuronale. La supplementazione di rapamicina a lungo termine migliora anche la vascolarizzazione e il metabolismo cerebrale/neuronale.
Il 17-alfa-Estradiolo è uno steroide endogeno con un’affinità per i recettori degli estrogeni. Il trattamento a lungo termine con 17aE aumenta la durata media della vita nei topi maschi, ma non nelle femmine. È interessante notare che il cervello ha molti recettori degli estrogeni (che diminuiscono di numero durante l’invecchiamento), ed è stato quindi suggerito che il 17aE potrebbe ridurre i segni dell’invecchiamento cerebrale. L’estrogeno modula anche la comunicazione neurone-neurone, aiuta nella produzione di fattori di crescita del cervello e ha un ruolo di supporto per le cellule gliali. Infatti, è stato dimostrato che 17aE riduce l’infiammazione ipotalamica associata all’età, in parte diminuendo l’attività della microglia reattiva/proinfiammatoria e sopprimendo TNF-α (il fattore di necrosi tumorale α solitamente abbreviato come TNFα, dall’inglese Tumor Necrosis Factor è una citochina coinvolta nell’infiammazione sistemica ed è membro di un gruppo di citochine che stimolano la reazione della fase acuta) e GFAP (cioè l’attivazione degli astrociti). Altri rapporti mostrano che 17aE protegge dalla produzione di ROS intraneuronali e riduce i marker di stress ossidativo nel cervello. Ci sono prove che gli estrogeni possono migliorare l’omeostasi del calcio neuronale sopprimendo l’accumulo di calcio intracellulare, ridurre i danni al DNA nel cervello e stimolare la neurogenesi nell’ippocampo. Inoltre è stato dimostrato che l’estradiolo può avere un impatto diretto sull’attività della rete neuronale stimolando l’attività eccitatoria sinaptica, potenziando la dinamica del calcio e migliorando la struttura neuronale. Il 17aE può anche ridurre la morte delle cellule neuronali indotta da beta amiloide (una caratteristica dell’AD), in parte migliorando la funzione mitocondriale. Detto questo i dati esistenti sull’uomo sono meno chiari. Studi su donne in post-menopausa sottoposte a terapia ormonale sostitutiva hanno documentato una lieve associazione con l’integrazione di estrogeni auto-segnalata e un ridotto rischio di demenza. Tuttavia altri hanno riferito che il 17-β-estradiolo a lungo termine (un isomero di 17aE) non influenza la memoria verbale, la funzione esecutiva o l’abilità cognitiva globale, per cui sono necessari ulteriori studi per determinare se gli estrogeni o gli ormoni correlati possono influenzare la funzione cognitiva o la demenza in gruppi più grandi e se questi composti possono farlo modulando i segni dell’invecchiamento cerebrale.
La restrizione calorica (CR; riduzione del 10%-50% dell’apporto calorico giornaliero) e il digiuno intermittente (IF; periodi di tempo senza cibo) sono considerati forse gli interventi nutrizionali più forti per ridurre i segni dell’invecchiamento cerebrale. Sia CR che IF contribuiscono alla situazione di omeostasi aumentando la resistenza allo stress cellulare e le risposte allo stress ed è stato segnalato che entrambi influenzano positivamente il cervello e riducono essenzialmente tutti i segni dell’invecchiamento cerebrale. I meccanismi alla base della CR e del IF includono una potente modulazione di proteine sensibili all’energia come AMPK, SIRT1, BDNF e mTOR. IF e gli approcci correlati (ad esempio, alimentazione a tempo limitato), così come altre strategie per imitare la CR (ad esempio, restrizione proteica), possono essere le strategie dietetiche più pratiche, poiché la CR è difficile da implementare – ma l’influenza di questi interventi sulla funzione cognitiva umana/sull’invecchiamento cerebrale garantisce studi significativi in futuro, poiché la maggior parte delle prove attuali è preclinica o limitata ai tessuti periferici.
La combinazione di esercizio fisico, modifiche nutrizionali e composti antietà per il trattamento o la prevenzione dell’invecchiamento cerebrale e della neurodegenerazione sono processi intriganti e potrebbero portare a strategie possibili da mettere in pratica per un invecchiamento cerebrale sano, riducendo i limiti e le difficoltà degli approcci individuali. Come un cocktail sinergico di composti mirati a più percorsi, con maggior esercizio fisico d’intensità moderata, con i composti farmaceutici che potrebbero essere inclusi in dosi più basse per evitare effetti collaterali, combinando CR e/o IF. Per quanto riguarda l’intervento sullo stile di vita, alcuni studi sugli anziani hanno indicato interazioni avverse tra l’esercizio e composti altrimenti protettivi come la metformina e gli antiossidanti, che possono attenuare l’influenza omeostasica benefica dell’esercizio. Questi rapporti si sono concentrati sugli effetti periferici degli interventi (ad esempio, tolleranza all’esercizio, prestazioni), piuttosto che sulla salute del cervello, ma suggeriscono un approccio cauto. Una possibile strategia per evitare questi problemi potrebbe essere quella di combinare esercizi meno intensi, o CR parziale o IF, con composti che mirano a percorsi di rilevamento dell’energia complementari. Tali interventi potrebbero essere più gestibili per l’adulto di mezza età, che altrimenti potrebbe non aderire e sarebbero associati a meno rischi (ad esempio lesioni, malnutrizione), che sono preoccupazioni particolarmente significative tra gli anziani.
Sulla base delle prove disponibili, sembra probabile che lo sviluppo di nuove strategie per indirizzare i percorsi di sviluppo dell’energia centrale e rilevanti per l’esercizio sia una direzione particolarmente promettente per la ricerca futura volta a promuovere un invecchiamento cerebrale sano.